Dalla passione ai numeri, passando per qualità e autenticità: ecco cosa ha raccontato Sickwolf sul suo percorso su YouTube a Non è più domenica.
Quando inviti uno come Sickwolf a parlare di calcio finisce, inevitabilmente, che si parli anche di internet, algoritmi e vita da creator. Nell’82esima puntata a tema calcio di Non è più domenica (podcast di Rocco Di Vincenzo e Matteo Fantozzi) il calcio e il tifo per la Roma è solo la cornice: al centro c’è il racconto di come un ragazzo che faceva video “perché gli andava” si è ritrovato a vivere di YouTube.
La cosa interessante è che la sua storia non nasce da un business plan, ma da una cosa molto più banale (e per questo potentissima): la voglia di accendere la videocamera e dire la propria. Niente studio di mercato, niente “nicchia” studiata a tavolino. Solo una costanza quasi ossessiva: tre video al giorno, tutti i giorni, quando ancora la monetizzazione non esisteva nemmeno.
E il bello è proprio questo: quando Sickwolf racconta gli inizi, il punto non è “quanto si guadagnava”, ma il fatto che per anni non si guadagnava niente.
Quando capisci che non è più solo un hobby
A un certo punto, però, il giochino cambia. YouTube introduce la monetizzazione, i numeri crescono, iniziano ad arrivare le prime opportunità. Ma nella sua versione dei fatti non c’è un momento preciso in cui pensa: “ok, ora diventa il mio lavoro”. È più una curva lenta, quasi impercettibile: fai video tutti i giorni, ti accorgi che la gente ti segue, cominci a essere riconosciuto come “Sickwolf” più che per nome e cognome, e un giorno ti ritrovi a parlare di quello che fai… in un podcast.
La frase chiave, però, è un’altra: per i primi anni lui avrebbe fatto esattamente le stesse cose anche senza un euro. Questo spiega più di qualsiasi guida su “come crescere online”. Se togli i soldi dall’equazione, quello che rimane è un test abbastanza spietato: ti piace davvero farlo o no?
Ed è qui che il discorso si apre su chi vuole iniziare oggi, nel 2025, in un mondo dove non sei più “il primo che parla di calcio davanti a una webcam”, ma uno dei tantissimi.
Passione prima dei numeri, qualità prima dei soldi
Sickwolf la divide così:
se lo fai per comunicare, devi fregartene dei numeri;
se lo fai per soldi, devi alzare l’asticella della qualità in modo quasi televisivo.
Nel primo caso — quello che è stato il suo — la regola è semplice: restare se stessi. Non costruire un personaggio che ti sta antipatico dopo due settimane, non forzare il tono, non “dopare” le reazioni solo perché l’algoritmo premia il rumore. La gente, dice in sostanza, se ne accorge. E se sei finto, prima o poi ti molla.
Nel secondo caso, invece, se la motivazione è esclusivamente economica, non basta più “aprire un canale e parlare di pallone”. Servono luci, audio, montaggio, grafica, un team dietro le quinte. Serve trattare il canale come un piccolo programma tv: ospiti, format, produzione. In un mare dove chiunque può aprire un canale, a fare la differenza è quanto sei disposto a investire — in tempo, in soldi o in entrambe le cose.
Con una precisazione ironica ma molto vera: se hai Totti ospite, puoi anche permetterti una produzione discutibile, tanto l’attenzione se la prende lui. Ma se sei “uno qualunque che parla di calcio”, non puoi più presentarti con video e audio improvvisati sperando che vada tutto bene lo stesso.
Cosa resta della lezione di Sickwolf
Al netto delle battute su romanisti, banter era e calciopoli (di cui non trattiamo in questa sede) dalla sua chiacchierata a NEPD esce fuori una piccola lectio magistralis per creators:
se inizi solo per guadagnare, rischi di bruciarti in fretta;
se inizi per passione, puoi resistere agli anni in cui guadagni zero;
e quando (e se) arrivano soldi e numeri, devi comunque fare i conti col fatto che la gente ti segue perché si fida di te, non della tua attrezzatura.
Il “segreto del successo su YouTube”, detto così, sembra quasi noioso. Niente trucchi di algoritmo, niente magie SEO. Solo una miscela di costanza, autenticità e — se decidi di fare il salto professionale — un livello di qualità che oggi non puoi più improvvisare.
Per il resto, come sempre, decide chi sta dall’altra parte dello schermo.
Di seguito la puntata integrale (nella quale, in realtà, si parla anche molto di calcio):
