Zero Assoluto, molto più di “meno di niente”: la vera storia del nome (e di una generazione)

Nella puntata #83 di Non è più domenica gli Zero Assoluto svelano l’origine del loro nome e raccontano una generazione pre-social.

Capita spesso, durante le puntate di NEPD, che il tono vada a braccetto con la nostalgia, focus primario del podcast di Rocco Di Vincenzo e Matteo Fantozzi. Con gli Zero Assoluto, però, è successa una cosa diversa: non è stata solo nostalgia, è stato un ritorno collettivo a un’epoca in cui MySpace era il social primario, MTV dettava legge e un lento alla festa del pomeriggio ti restava addosso per anni.

In mezzo a ricordi, aneddoti e qualche brivido da “prima volta”, in puntata è arrivata anche una rivelazione che – per chi li segue da una vita – vale quasi quanto un inedito: la vera storia di quel nome, Zero Assoluto, di cui pochi conoscono la genesi.

“Per anni ci hanno chiesto perché ci chiamassimo così – hanno ammesso – e a un certo punto abbiamo iniziato a inventare versioni diverse solo per divertirci”.

Zero Assoluto: il nome nato sfogliando un vocabolario

La verità, detta dagli stessi Thomas e Matteo, è molto meno mistica di quanto si potesse immaginare. Altro che concept filosofico, citazioni alte o studi sulla fisica: il nome nasce da un vocabolario. Letteralmente.

“Eravamo ragazzini, quindici anni, banco di scuola, sfogliavamo il vocabolario – hanno raccontato – A un certo punto esce fuori “zero”. Poi “assoluto”. Ci suonava bene: Zero Assoluto. Fine”. Nessun piano a lungo termine, nessuna strategia di branding: un’intuizione da adolescenti che poi ti ritrovi addosso per tutta la vita.

Anzi, per anni lo stesso nome è stato quasi un problema: “Zero Assoluto” come sinonimo di “meno di niente” non è esattamente il biglietto da visita perfetto, se non hai alle spalle dischi di platino e Festivalbar vinti. “Zero assoluto è proprio il meno del niente, eh – hanno scherzato candidamente – solo che quando hai quindici anni non è che pensi: oh, questo nome ce lo porteremo dietro per sempre“.

Talmente tante volte si sono sentiti chiedere “Ma perché vi chiamate così?” che a un certo punto hanno iniziato a giocare con la domanda: “Sul web è difficile trovare la spiegazione vera perché cambiavamo storia ogni volta, improvvisavamo. Qui ve l’abbiamo detta davvero”. Vocabolario, colpo d’occhio e via.

Dal rap romano all’ibrido che ha fatto storia

Il nome nasce in piena fase rap, quando l’hip hop italiano è ancora una sottocultura rigida, ortodossa, molto politicizzata, molto “fedele alla linea”. Gli Zero Assoluto arrivano da Roma nord, quartiere Trieste, quindi lontani da qualsiasi retorica di disagio sociale. Thomas fa il DJ nei locali pomeridiani, quelli dove i liceali entrano alle quattro del pomeriggio e escono alle otto di sera: “Io andavo in discoteca alle quattro del pomeriggio e uscivo alle otto c’era tutta una movida pomeridiana”. Matteo scrive testi: il rap è la via più rapida per trasformare questa urgenza in canzoni.

Il problema è la credibilità: in quel mondo lì, o sei “dentro” fino al collo oppure rischi di sembrare un infiltrato. «La scena era molto ortodossa, molto chiusa – hanno spiegato – Noi venivamo da Roma nord, non potevamo raccontare un disagio che non avevamo vissuto. La cosa più difficile all’inizio è stata essere credibili“.

Ed è proprio nel momento in cui accettano di non poter fare i “duri” di periferia che succede la magia. Incontrano due produttori legati alla scena del cantautorato romano – quello di Fabi, Silvestri, Gazzè, Tiromancino – e iniziano a contaminare il loro background urban con strumenti veri, chitarre, suoni vintage, atmosfere più morbide: “Quella fusione fra matrice rap e mondo cantautorale romano ci ha cambiato la vita, era come indossare finalmente un vestito che sentivamo nostro, senza sentirci ridicoli”.

Quello che ne esce è un ibrido che oggi diamo per scontato, ma che all’epoca era un piccolo cortocircuito: voce da cantautorato romano, scrittura figlia del rap, immagini forti, arrangiamenti pop ma con piedi ben piantati nella cultura hip hop. È da lì che arrivano Magari meno, Semplicemente, Per dimenticare, Sei parte di me, Mezz’ora, Appena prima di partire: brani che, a distanza di anni, continuano a spuntare nelle playlist e nelle classifiche estive come se il tempo si fosse fermato.

In puntata Thomas lo ha detto in modo molto lucido, con estrema onestà intellettuale: “A un certo punto ti accorgi che le canzoni hanno superato il tuo talento. Non siamo cantanti con i superpoteri, avevamo determinazione, passione. Le canzoni hanno camminato da sole, hanno superato noi”. Non sono loro a reggere in piedi le canzoni, sono le canzoni che entrano nella vita delle persone, diventano tatuaggi, colonne sonore di storie d’amore finite male, di primi viaggi, di serate in macchina con gli amici. E tu puoi solo stare a guardare.

MySpace, Millennium Bug, Nelly Furtado e primi baci: la nostalgia non è mai solo estetica

La puntata con gli Zero Assoluto è anche un viaggio nella preistoria dei social. Prima che arrivasse Spotify, c’è stato MySpace: per una generazione intera è stato il primo vero portale in cui scoprire musica nuova, ascoltare brani online, costruirsi un’identità. “MySpace era fighissimo – hanno ricordato – era come avere un sito tuo, ma in un posto dove la musica cominciava davvero a circolare”.

C’è poi la parentesi quasi surreale dell’Ultimo Capodanno: il loro primo video ufficiale, quello con Totti che prende a pallonate il meteorite e salva il mondo alla vigilia del Millennium Bug: “L’idea era semplice e ingenua: l’ultima grande festa prima della fine del mondo, con un meteorite in arrivo e Totti che lo salva tirando una pallonata”, raccontano ridendo. Breaker che ballano, effetti speciali “naïf”, l’idea che il 31 dicembre 1999 potesse succedere davvero qualcosa di apocalittico: un pezzo che racconta un’altra epoca, letteralmente un altro millennio.

E poi l’aneddoto su Nelly Furtado, All Good Things, l’email mandata quasi per incoscienza, la superstar internazionale che accetta di venire a Sanremo e di condividere il palco con loro: “La major ci disse: “scordatevelo, non verrà mai”. Noi le abbiamo scritto una mail molto semplice: “Senti, andiamo a Sanremo, ti andrebbe di venire a cantare con noi?”. E lei ha detto sì”. In controluce, è un’altra versione della stessa storia: i treni passano, ma se hai il coraggio di salirci sopra – anche senza jet privato, magari con un volo normale e un po’ di imbarazzo – la tua traiettoria cambia per sempre.

Di seguito, la puntata intera di NEPD con gli Zero Assoluto

 

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